Know how aziendale: l’uso improprio dei segreti industriali è reato

Qualche mese fa, la Corte di Cassazione si è occupata di una questione a riguardo della protezione penale del know-how aziendale. In particolare, la sentenza si riferiva alla rivelazione o l’uso di informazioni segrete su scoperte scientifiche, invenzioni e applicazioni industriali.

La tutela del know how aziendale

La definizione di know-how a livello aziendale è l’insieme delle informazioni e dei processi che rendono un’azienda unica e che le permettono di distinguersi dalle altre imprese.

La Legge protegge il know-how facendolo rientrare nella categoria dei segreti aziendali.

Ai segreti aziendali si applica l’obbligo di riservatezza e l’obbligo di fedeltà, che implicano che un collaboratore non può rivelare o utilizzare i segreti aziendali dell’azienda con cui sta collaborando e non può entrare in diretta concorrenza con questa.

Grazie a queste norme il know-how aziendale in quanto complesso di conoscenze specifiche e segrete che permettono la costruzione, l’esercizio e la manutenzione di un impianto, può essere commercializzato.

Il Codice Civile prevede norme sanzionatorie la concorrenza sleale. Inoltre, il Codice della Proprietà Industriale consente all’impresa di tutelare efficacemente il proprio know-how aziendale qualora siano presenti presupposti quali: segretezza; valore economico; sottoposizione del segreto ad adeguate misure di sicurezza.

Il codice penale, invece, punisce la rivelazione o l’uso di informazioni segrete su scoperte scientifiche, invenzioni e applicazioni industriali, compiute in violazione di un rapporto fiduciario di natura professionale.

 

La sentenza

La sentenza a riguardo della tutela penale del know how aziendale depositata il 28 gennaio 2024, chiarisce alcuni punti che finora erano stati in ombra:

“In tema di rivelazione di segreti scientifici o industriali, il concetto di notizia destinata al segreto va elaborato, sotto l’aspetto soggettivo, con riferimento all’avente diritto al mantenimento del segreto stesso. Sotto l’aspetto oggettivo, all’interesse a che non vengano divulgate notizie attinenti ai metodi (di progettazione, produzione e messa a punto dei beni prodotti) che caratterizzano la struttura industriale. Pertanto, il know how, vale a dire quel patrimonio cognitivo ed organizzativo necessario per la costruzione, l’esercizio, la manutenzione di un apparato industriale”.

In particolare, la definizione di segreto industriale è sempre stato il punto dell’intera questione.
I giudici di legittimità hanno precisato che il reato avviene tutte le volte che viene rivelato un segreto che riguardi anche una sola parte del processo produttivo. Non è quindi necessario che esso comprenda tutte le componenti de prodotto medesimo.

Come è evidente, il tema centrale è quindi la necessità di delimitare il segreto industriale e connotarlo nei suoi aspetti.

 

La questione reverse engineering

La sentenza con cui la Corte di cassazione  si è pronunciata in tema di rivelazione di segreti scientifici o industriali prende posizione anche sul reverse engineering.

Come abbiamo visto finora, in tema tutela penale del know how aziendale occorre preservare il segreto industriale inteso in senso lato. E quindi quell’insieme di conoscenze riservate e di particolari modus operandi in grado di garantire la produzione.

I giudici, inoltre, hanno trattato il tema del reverse engineering, una sofisticata modalità di copia di un prodotto.

Con tale espressione si intende l’attività di osservazione e studio di un prodotto e delle sue caratteristiche tramite cui è possibile comprendere la tecnologia con cui è stato realizzato. E, agendo allo stesso modo, replicarla.

La Corte ha chiarito che, in tema di rivelazione di segreti scientifici o commerciali, si tratta di attività rientrante nel novero dell’impiego di segreti industriali penalmente sanzionabili.
Non sono invece tutelabili le informazioni tecniche facilmente accessibili, parte di chiunque abbia adeguate conoscenze di elettronica.

Se così non fosse, infatti, questo processo sarebbe facilmente elusa la tutela del segreto industriale. E permetterebbe, inoltre, di riprodurre ripetutamente il prodotto di un’impresa che per idearlo ha sviluppato complessi progetti di ricerca.

 

Informazioni segrete e conoscenze professionali

Il vero tema della questione ruota intorno all’ individuazione del confine tra le informazioni su cui può essere imposta la segretezza e le conoscenze che fanno parte della formazione del lavoratore.

Nello specifico non sono riconosciute in quanto segrete le conoscenze comuni e le informazioni accessibili. Allo stesso tempo un’azienda non può rivendicare un primato su un prodotto qualora sia esso molto semplice e in commercio da tempo.
In altre parole, per il genere di prodotto in discussione, non sarebbe prospettabile un know how una volta che il prodotto sia stato posto in commercio così da far assurgere tale tutela ad un arbitrio assoluto.

Se queste rientrano quindi nell’ambito conoscenze professionali, le informazioni segrete sono invece quelle che: sono soggette al legittimo controllo del detentore; hanno valore economico in quanto segrete; sono sottoposte a misure ragionevolmente adeguate da parte di persone al cui legittimo controllo sono soggette.

Nell’ordinamento italiano la tutela del segreto industriale opera a vari livelli, articolandosi in due tipi diversi di normativa.

La prima, civile, vieta al prestatore di lavoro di divulgare notizie attinenti all’organizzazione e ai metodi di produzione dell’impresa, o farne uso in modo da poter arrecare danno. La seconda, di carattere penale, è volta a proteggere l’interesse del datore di lavoro a sulla rivelazione di segreti professionali, scientifici e industriali.

 

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